Scritto, interpretato e diretto da Marco Artusi
I ragazzi del ‘99 hanno rappresentato almeno fino agli anni Sessanta il fiore della gioventù che per la Patria ha combattuto, si è sacrificato, immolato e ha vinto.
Anche prima c’erano stati ragazzi in guerra, ma dovendo eleggere dei campioni, gli ultimi diciassettenni andati al fronte sono stati la scelta naturale: i rappresentanti di un Paese giovane che costruiva la propria identità, finora incerta, sulle gesta eroiche di ragazzi che dal Piave son riusciti a ribaltare un conflitto che sembrava disperato. Eroi. Ma le gesta degli eroi hanno anche un lato negativo: la retorica del fascismo ha usato i meriti dei ragazzi del ‘99 a proprio vantaggio per celebrare la nascita di una nazione nuova, di un impero. Ecco quindi che con l’entrata dell’Italia nel secondo conflitto mondiale, oltre ad affidare alla nuova gioventù le sorti della Patria, è stato del tutto naturale richiamare i ragazzi del ‘99 in servizio, la “vecchia” gioventù.
Quale ruolo possono aver svolto questi richiamati, congedati, poi, per carenza di equipaggiamenti più che per anzianità? Quali esperienze possono aver passato ai ragazzi che si apprestavano di lì a breve ad affrontare a loro volta una guerra? I racconti che i nonni fecero ai boce in quelle caserme, in attesa della destinazione, sono stati il momento in cui i vecchi ragazzi compresero con il distacco necessario le vicende avvenute vent’anni prima. E molti di loro si liberarono dalla ridondanza che da un ventennio li pervadeva, vedendo chiaro davanti agli occhi ciò che si stava ripetendo in quello sciagurato giugno del ‘40. Quei racconti, finalmente genuini, fatti ad una platea giovane ed avida di esperienze, hanno rappresentato la fine della retorica e l’inizio di una semplice verità di cui di lì a breve l’Italia avrà bisogno per ricostruirsi.